(Dipinto: Erichto -  di John Hamilton Mortimer)

Continua il nostro viaggio per scoprire alcune figure di leggendarie Streghe legate al mondo della Necromanzia.

Dopo la Strega di Endor, oggi vi parlo di Erichto, la terribile Strega e Necromante della Tessaglia, di cui ci racconta Lucano nella Pharsalia.

Una Strega famosa per le sue arti terribili, che oltre all’opera di Lucano incontriamo anche nel Canto IX dell’Inferno, citata da Dante come la responsabile della prima discesa di Viriglio all’Inferno (quella con Dante quindi sarebbe stata la seconda volta per il poeta latino). Si tratta in questo caso di un escamotage inventato da Dante per giustificare la grande conoscenza di Virgilio degli Inferi, necessaria per accompagnarlo nel viaggio tra i dannati.

Ma oltre al Sommo, anche Goethe nel Faust, durante la narrazione della Notte di Valpurga, celebrazione ambientata proprio in un campo in Tessaglia.

La Necromanzia di Erichtho non ha tanto a che fare con l’incubatio, i sogni, le visioni negli specchi o le apparizioni ma con il riportare in vita un corpo morto da poco, e probabilmente la sua vicenda può aver influenzato molte delle immagini terrificanti che hanno alimentato il terrore della Necromanzia fino ad oggi.

Certo è che alcune forme di Necromanzia, avevano veramente a che fare con cadaveri, sangue e riti di resurrezione. La rianimazione dei cadaveri era ritenuta una delle forme più potenti di Necromanzia. In questi rituali, il cadavere veniva “nutrito” con il sangue e messo in piedi per simboleggiare la sua imminente resurrezione. Si mettevano erbe sul petto e sulla testa per far ricominciare magicamente la respirazione. Il cadavere poteva anche essere unto con il sangue del Necromante stesso. Il Necromante poi pronunciava potenti incantesimi per comandare al fantasma della persona morta di rientrare nel suo corpo. Se il fantasma non rispondeva, il Necromante lo minacciava di torture indicibili.

SESTO POMPEO & ERICHTO

Il poeta Lucano, che visse dal 39 al 65 d.C., scrisse un lungo resoconto della guerra civile romana scoppiata ai tempi di Giulio Cesare, quasi un secolo prima. Uno dei suoi capitoli racconta delle imprese necromantiche del generale romano Sesto Pompeo, figlio del generale Pompeo Magno, che stava combattendo le forze di Giulio Cesare durante la guerra civile. Lucano descrive Sesto Pompeo come un uomo indegno con un passato vergognoso. Temendo un destino infausto nell'imminente battaglia a Farsalo, Sesto Pompeo cercò la magia più proibita, temuta dai Romani odiata dagli Dei: la Necromanzia. E la Tessaglia, famosa per le sue Streghe, terra misteriosa e pericolosa, era il luogo adatto!

Erichtho era la più feroce tra tutte le Streghe, una Megera macabra e trasandata con la pelle pallida come le ossa, che conosceva i segreti del fiume Stige, abitava in sepolcri abbandonati, trascinava le sue vittime nelle tombe e riportava indietro i morti dall'oscuro Mondo Sotterraneo. Il suo stesso respiro avvelenava l'aria. Sbranava selvaggiamente i cadaveri, raccogliendo la loro bava gocciolante e il loro sangue; frugava nelle cavità dei corpi in decomposizione, strappava loro gli occhi  e faceva selvaggiamente a pezzi i cadaveri arto dopo arto. Persino gli avvoltoi e i lupi fuggivano da lei. Se i suoi riti richiedevano il sangue dei vivi, non esitava a uccidere, strappando feti dagli uteri delle donne, rapendo neonati e pugnalando anche i più cari amici. Tagliava la testa ai morti, forzando la mascella e aprendo le labbra al cadavere affinché parlasse con la voce dell’Oltretomba. È difficile immaginare un essere più terribile.

Tuttavia, non importa quanto terribile sia la Strega ritratta in questi racconti raccapriccianti, c'era sempre qualcuno disposto ad andarci.

Quando Sesto Pompeo, accampato con le sue truppe in Tessaglia, sentì parlare di Erichtho, pensò che facesse proprio al caso suo. Uscì di nascosto di notte e la scovò in mezzo alle tombe. Lei accettò di aiutarlo rianimando un cadavere.

Erictho andò  tra  i campi di battaglia alla ricerca del cadavere fresco che non avesse ferite ai polmoni che potessero compromettere il rituale. Scelse attentamente un cadavere con la gola tagliata e lo trascinò in una grotta. Indossò i suoi abiti rituali e legò i suoi capelli con delle vipere che si contorcevano. Poi aprì con forza il petto del cadavere infliggendo nuove ferite e lasciò che si riempisse del suo stesso sangue. Sciacquò la cavità con la spuma di luna, una schiuma lasciata sulle piante dalla luna piena che si credeva avesse proprietà magiche. Versò una miscela di ingredienti ripugnanti che includeva la bava di cani rabbiosi, interiora di lince, vertebre di iena, midollo osseo di un cervo che si fosse nutrito di serpenti, ostriche perlifere, vari serpenti, pietre covate da un'aquila, e le ceneri di una fenice. Poi urlò i suoi incantesimi, facendosi prendere da una tale frenesia che le venne letteralmente la schiuma alla bocca. Erictho pronunciò un orribile incantesimo che suonava come l'ululato dei lupi, il sibilo dei serpenti, l'abbaiare dei cani e lo stridio dei gufi. Scendeva nelle profondità del Tartaro. Invocò Plutone e Proserpina, Caos, Ecate e il traghettatore dello Stige, chiedendo loro di mandarle l'ombra del soldato morto. Il fantasma apparve, ma era restio a rientrare nel suo cadavere. Non si può biasimare la povera anima, dato che probabilmente non si poteva trovare compagnia peggiore; ma poco importava, perché Erictho iniziò a frustare il corpo e inveirgli contro.

IL RITUALE DI ERICHTO

Erichto indossa un abito di vari colori e di strana foggia, al modo delle Furie; la chioma, tirata indietro, fa apparire il volto e gli irti capelli sono stretti da serti di vipere. Non appena ella scorse gli accompagnatori di Sesto sbigottiti e lui stesso tremante con gli occhi sbarrati nel volto sbiancato dalla paura, esclamò: «Deponete il timore sorto nel vostro animo terrorizzato: ecco, proprio adesso una nuova vita sarà infusa in una persona reale, sì che - per quanto atterriti - possiate sentirla parlare. Se io vi mostrassi le paludi dello Stige e le sponde crepitanti di fiamme, se, grazie a me, potessero apparirvi le Eumènidi e Cèrbero, che scuote il collo pieno di serpenti, e i Giganti con le mani incatenate sulla schiena, quale paura, o vili, sarebbe allora quella di contemplare ombre, che a loro volta mi temono?». A questo punto Erichto, per prima cosa, riempie il petto del morto con sangue caldo - infondendovelo attraverso nuove ferite da lei stessa inferte -, pulisce le parti interne dalla putredine e vi aggiunge spuma lunare in abbondanza. A questa mistura mescola insieme tutto quel che la natura produce con parti sinistri: non mancano bava di cani affetti da idrofobia, viscere di lince, vertebre di iena feroce, midolla di cervi, che si sono nutriti di serpenti, la remora, che è in grado di tener ferma una nave in alto mare, anche quando l'euro tende le corde, occhi di serpente, le pietre, che emettono suoni quando sono riscaldate da un'aquila che cova, il serpente volante degli Arabi, la vipera nata presso le acque del Mar Rosso e che custodisce le conchiglie preziose, la pelle di un rettile libico ancora vivo, le ceneri della fenice deposta sull'altare orientale. Dopo ch'ebbe mescolato a tutte queste cose ingredienti velenosi sia di poco conto che rinomati, aggiunse fronde impregnate da un sacrilego incantesimo, erbe, sulle quali, al momento della nascita, la maga aveva sputato con la sua bocca spaventosa, e tutti i veleni, che lei aveva apprestato per il mondo. Allora la sua voce, più potente di ogni filtro ad evocare gli dèi infernali, emise in un primo momento mormorii confusi e molto differenti dalla lingua degli uomini: in quella voce erano presenti latrati di cani, gemiti di lupi, i lamenti del gufo pauroso e del notturno barbagianni, strida e ululati di fiere, sibili di serpenti, perfino il frastuono delle onde, che si infrangono sugli scogli, il rumore dei boschi e il tuono delle nuvole squarciate: quell'unica voce era composta di tanti elementi! Subito dopo ella pronuncia, con l'incantesimo tessalico, gli altri scongiuri e le sue parole giungono fin nel Tàrtaro: «O Eumènidi, voi che siete la manifestazione più empia del regno d'oltretomba e che rappresentate la personificazione del castigo dovuto ai colpevoli, o Caos, avido di sconvolgere mondi innumerevoli, o reggitore della terra, tormentato nei secoli dalla morte rimandata degli dèi, o Stige, o campi Elisi, che nessuna maga tessalica merita, o Persèfone, che hai in odio il cielo e la madre, o ultimo aspetto della nostra Ècate, per mezzo della quale io posso comunicare tacitamente con i Mani, o custode della grande sede dell'oltretomba, che dai in pasto al cane crudele le viscere offerte da noi, o sorelle, che filate in continuazione gli stami della vita umana, o traghettatore degli ardenti flutti, vecchio ormai esausto per le anime che tornano a me, esaudite i miei scongiuri: se vi invoco con un tono sufficientemente sacrilego ed empio, se non ho mai pronunciato formule di incantesimo senza essermi prima nutrita di viscere umane, se vi ho offerto molte volte grembi pieni ed ho pulito con cervello caldo membra sezionate, se dovevano rimanere in vita tutti quei fanciulli, di cui ho posto il capo e le viscere sui piatti a voi consacrati, obbedite ai miei scongiuri. Non richiedo uno spirito ormai celato negli antri del Tàrtaro ed abituato da un pezzo alle tenebre, bensì uno che, appena morto, sta scendendo nell'oltretomba: esso è immobile sul primo limitare del pallido Orco e, anche se ascolterà l'incantesimo prodotto dai miei filtri magici, morirà una volta sola. L'ombra di un soldato morto da poco riveli il destino di Pompeo al figlio del condottiero, se le guerre civili hanno meritato bene di voi».

LA RIANIMAZIONE DEL MORTO

“Subito il sangue rappreso si riscaldò, calmò le nere ferite e corse nelle vene e nelle estremità delle membra. Quando il sangue li colpì, gli organi sotto il petto gelido fremettero, e la vita, insinuandosi di nuovo nelle viscere che l'avevano dimenticata, si mescolò alla morte. Poi tutte le membra del morto si scossero, e i suoi tendini si piegarono. Il cadavere non si sollevò da terra gradualmente, un arto alla volta. Piuttosto, balzò fuori dalla terra ed era in piedi in un istante. Gli occhi erano scoperti, la bocca una smorfia aperta. Il suo aspetto era quello di uno non ancora completamente vivo, ma di un uomo ancora in fase di morte. Era ancora pallido e rigido, e in costernazione per essere stato riportato nel mondo”.

Il cadavere rianimato rispose malvolentieri alle domande che gli venivano poste e predisse la sconfitta di Sesto Pompeo, concludendo:

"L'Europa e l'Asia e le pianure della Libia, che videro le tue conquiste, ora terranno allo stesso modo la tua sepoltura - né la Terra ha per te una terra più felice di questa."

Quando ebbe finito, il cadavere sfinito, implorò che gli venisse donata di nuovo la morte. Persino gli inferi dovevano essere più dolci di questa situazione. Erichtho scagliò allora un incantesimo per interrompere la comunicazione con il cadavere.

Sesto Pompeo tornò dai suoi uomini mentre la Strega bruciava il cadavere nel fuoco. Almeno ebbe la gentilezza di concedere al povero soldato la pace eterna.

Sesto Pompeo perse la battaglia di Farsalo e fu costretto a fuggire per salvarsi.

Nel 35 a.C. fu catturato dai suoi nemici a Mileto, in Anatolia (oggi Turchia), e fu giustiziato senza processo.

LA NECROMANZIA NEL MONDO ROMANO

A diferenza dell’Antica Grecia, durante l'Impero Romano, la Necromanzia era considerata una pratica deplorevole e condannata pubblicamente perché si pensava venisse usata per maledire e associata alle pazzie e alle vanità imperiali, alla paranoia che i nemici richiamassero i morti per scoprire le date di morte degli Imperatori e usare i fantasmi per cospirare contro di loro.

Si diceva che i Necromanti sacrificassero giovani ragazzi per evocare i loro fantasmi per profezie, incantesimi e maledizioni.

Dati gli intrighi imperiali, gli assassinii e gli omicidi, non solo di rivali ma di membri della famiglia e coniugi, non c'è da meravigliarsi che i morti evocassero il terrore, ma in questi racconti, vediamo anche come le Streghe e le loro arti fossero al tempo stesso temute ma anche cercate proprio da chi deteneva il potere.

© L’Almanacco delle Streghe